Giorgio Boratto

La Cop28 a Dubai

La Cop28 a Dubai
Il 30 novembre si aprirà a Dubai la Cop28 e durerà fino al 12 dicembre. Proprio a Dubai una delle città più inquinanti al mondo e perchè? Perchè questa enorme contraddizione?
Tenere una conferenza sul clima a Dubai è assurdo e pericoloso”, questo ha detto un gruppo di 180 attivisti climatici. Qualcuno ha affermato anche che svolgere una conferenza sul clima a Dubai è come fare un congresso di donatori di sangue nel castello di Dracula. Oltretutto la Cop28 sarà presieduta da Sultan Ahmed Al-Jaber, CEO della principale azienda di combustibili fossili degli Emirati Arabi Uniti (UAE). Il paese intende aumentare del 25% la produzione di petrolio entro il 2027.
Nel loro appello, lanciato dal sito Boycott COP28, chiedono ad associazioni ambientaliste, alle autorità pubbliche, a tutte le ONG e anche agli scienziati di condannare la scelta di svolgere la COP28 negli Emirati Arabi Uniti. Questo paese infatti prospera grazie ai combustibili fossili e a loro dire le azioni che dice di svolgere nell’investimento sulle rinnovabili sarebbe solo greenwashing (presentare come ecosostenibile attività nascondendone l’impatto ambientale negativo).
Boicottaggio o no, a COP28 a Dubai non si discuteranno nuovi NDC, ovvero gli accordi raggiunti a Parigi nel 2015, ma ci sarà una analisi, una sorta di inventario globale su quanto è stato fatto per contrastare il cambiamento climatico. Di NCD, nuovi accordi si parlerà nel 2025. La Cop28 sarà di particolare importanza anche alla luce del caldo registrato in questo 2023 come il più caldo di sempre. Altro punto importante sarà la decisione relativa ai 100 miliardi di dollari che le nazioni più ricche dovrebbero garantire ai Paesi più poveri annualmente, che dovrebbe essere finalmente messa sul tavolo dopo 14 anni dalle promesse fatte.
Boicottaggio o no Cop28 potrebbe essere una scelta per coinvolgere nella lotta al cambiamento climatico anche Paesi più responsabili delle emissioni; mentre si attendono le adesioni di Cina, India e USA. Una presenza molto importante sarà quella di Papa Francesco. Il Papa cui si ricorda l’enciclica ‘Laudato si’, scaturita nei lavori della Cop21 svoltasi a Parigi nel 2015, si tratterà 3 giorni. Anche se esistono divisioni l’Unione Europea gioca un piano importante volendo stabilire la fine dell’uso di combustibili fossili…fra i paesi che frenano c’è l’Italia e la Polonia. Speriamo che arrivi un accordo, d’altronde l’Europa ha un ruolo significativo in questa lotta.
A proposito di Dubai bisogna sapere che se non si porrà un limite al riscaldamento globale ci sarà tra le varie conseguenze anche un innalzamento dei mari per cui Dubai, con le sue costruzioni di isole disegnate a palma sul mare, sarà probabilmente cancellata.

L’Europa deve trovare strade nuove oltre il campo tecnologico e di mercato. L’ambiente prima sfida.

L’Europa deve trovare strade nuove oltre il campo tecnologico e di mercato.
L’Unione Europea avrebbe ancora molto da dire, ma purtroppo di fronte agli USA e alla Cina nonché alla Russia si trova carente. Anche di fronte al vituperato neoliberismo, l’Europa non può opporre una romantica economia socialdemocratica rivolta al passato. Si sa che il capitalismo è nato in Europa ma l’egemonia del mercato e il carattere neoliberista diventa sintesi con le grandi aziende e multinazionali negli Usa e insieme alla Cina ora si contende la supremazia mondiale. Commercio e tecnologia sono le sfide con cui si gioca lo scontro geopolitico tra queste due Nazioni mondiali. In questo campo l’Europa è attualmente fuori. Come vediamo tecnologia e mercato mettono in crisi una economia di Stato che non diventa innovativa. In questo campo stiamo assistendo al conseguente comportamento nel corso della guerra Russo-Ucraina.
Non si può parlare di ‘sostenibilità’ o di ‘economia verde’ senza considerare i rapporti di potere; se la capacità dei salti tecnologici è esercitata solo dagli altri, si diventa tecnicamente dei clienti, non dei soggetti. La sovranità tecnologica ha oggi un ritardo colossale. Anche se l’Europa non potrà avere aziende USA come Amazon, Google, Apple o Tesla o come per la Cina, Huawei, Tencent, Xiaomi o Alibaba, potrebbe recuperare con le innovazioni medico scientifiche, lo studio o la ricerca. Nel mentre possiamo affermare che l’Europa rimane la patria dei diritti. Di più l’Europa potrebbe avere un nuovo ruolo da giocare: quello di trovare una via diversa dal capitalismo esasperato e alla corsa al predominio tecnologico. Questo lo può fare con la scommessa europea del ‘Green Deal’, ovvero una economia più pulita ed equa; un passo avanti verso un futuro sostenibile. In fondo, una simile strada potrebbe anche porre le premesse concrete per una maggiore cooperazione internazionale e per la fine delle guerre commerciali e delle tensioni geopolitiche. Il ‘Green Deal’ europeo come esempio mondiale. Come ormai è accertato il capitalismo è il nemico numero uno dell’ambiente. Questa è la sfida che può competere all’Europa per un futuro mondiale.

I fenomeni drammatici del cambio climatico

La catastrofe climatica con le alluvioni delle città romagnole Forlì, Cesena, Ravenna, compresi i paesi, il crollo dei ponti, le strade diventate fiumi e le sue spiagge cancellate ci testimoniano come il clima sia l’emergenza numero uno. Una emergenza che ha causato 14 morti, molti dispersi e 14.000 evacuati che ci avverte, come sostiene il ministro della Protezione Civile Nello Musumeci, del processo di tropicalizzazione dell’Italia.
Anche il lungo periodo di siccità che ha interessato la zona ha contribuito ad aumentare il fenomeno alluvionale poiché il terreno arso non ha fornito la sua funzione di assorbimento dell’acqua. I terreni secchi paradossalmente perdono la loro capacità di assorbire l’acqua.
Gli scienziati del Cmcc (Centro euromediterraneo sui cambiamenti climatici), che contribuisce al programma Copernicus di previsioni stagionali, prevedono l’arrivo per l’autunno di El Nino, un tornado che influenzerà la fascia tropicale e alcune zone del Nord America. Questo porterà effetti anche in Europa: ci saranno più piogge.
In Italia secondo uno studio dell’Osservatorio di Legambiente si sa che in soli dieci anni il numero annuale di allagamenti da piogge intense è passato da dieci nel 2012 a 150 nel 2022.
Con questo l’Italia è diventata per la sua morfologia e la fragilità territoriale l’emblema del disastro climatico. L’uomo ha contribuito ad aumentare la causa di questa terra malata con cementificazioni che non frenano il consumo di suolo; paradossalmente mentre si denuncia una diminuzione demografica aumenta la costruzione di case.
Siamo davanti a un punto di non ritorno. Bisogna decidere se salvarci o soccombere alla ribellione della Terra. Già poiché è sempre più chiaro che la Terra sopravviverà senza l’uomo: il responsabile delle malefatte e la Terra, il suo ecosistema reagisce espugnando l’uomo.

Gronda di ponente, perché dire NO

Gent.mo Dott. Minella,
Ho letto con attenzione il suo articolo “Gronda un’attesa lunga dieci anni”. Tutti coloro, politici e non che sono favorevoli alla gronda di ponente, citano i benefici che si avranno una volta ultimata l’opera, mentre tralasciano i danni ambientali (scempio), che la stessa provocherà nel tratto tra la Vesima e Bolzaneto, tratto dove non sono previste uscite, a tal proposito mi chiedo cosa potrebbe succedere in caso di gravi incidenti.
Si avrà un forte impatto sulle sorgenti con il conseguente prosciugamento, saranno scavati 50 km di gallerie in montagne, contenenti rocce amiantifere, mentre a Genova –  Bolzaneto verrà creato un cantiere per la raccolta e lo smistamento di tutte le terre compreso l’amianto proveniente da questi scavi, questo impianto industriale resterà in loco per più di dieci anni, mentre uno slurrydotto, lungo sei chilometri e mezzo e largo tre metri e mezzo, poggerà su 540 piloni e correrà proprio dentro l’alveo del torrente Polcevera, a tre metri dalla sponda destra, per portare a mare il materiale di scavo che, secondo il parere degli stessi ingegneri, potrebbe essere amiantifero, cioè potrebbe contenere amianto. In caso di piena del Polcevera potrebbe portarsi via i piloni, spargendo amianto ovunque, oppure questi pali potrebbero fungere da tappo, con le conseguenze che tutti possiamo immaginare. Spesso si cita il dissesto idrogeologico, com’è possibile che nel nostro paese manchi totalmente la cultura e il rispetto per il territorio, una devastazione che perdura da parecchi lustri, a cui non abbiamo messo freno. Devastazioni che non ci hanno insegnato niente e di cui paghiamo prezzi altissimi, basti guardare alle trasformazioni, spesso selvagge, delle nostre città e delle periferie per rendersi conto che il cemento e l’asfalto avanzano sempre di più, mentre scompaiono le superfici naturali. L’inesorabile avanzata del cemento è un fenomeno europeo ma per entità degli interventi e durata nel tempo è soprattutto italiano.
Modificando le funzioni del suolo si provoca la perdita di terreni fertili e di biodiversità, la frammentazione dei paesaggi e, cosa ancor più grave, una ridotta capacità di assorbire l’acqua con il conseguente rischio d’inondazioni devastanti. L’agricoltura viene espropriata dei suoi terreni, che sono visti come una risorsa da depredare. E’ impensabile che nonostante questi allarmi che ci lancia la natura, imperterriti si continui con la cementificazione che guarda solo l’aspetto economico e non al bene primario. Basta, fermiamoci fino a che siamo in tempo, il ponente la val Polcevera hanno già dato !
Angelo Spanò
co-portavoce metropolitano Europa Verde – Verdi

COP 27 a Sharm el Sheikh

Dal 6 al 18 novembre si terrà la COP27 sul clima a Sharm el Sheikh e molti contestano la sede poiché l’Egitto è tra le nazioni meno libere di tutto il mondo e non ha fatto nulla per migliorare la situazione nonostante questo importante appuntamento.
La scrittrice canadese Naomi Klein sul quotidiano ‘Guardian’ ha denunciato l’appuntamento più importante del mondo dichiarando: ‘Gli ambientalisti non dovrebbero stare al gioco di Al-Sisi. Lo spettacolo messo su è un’operazione di greenwashing applicato a uno Stato di polizia‘. Greenwashing, ovvero la tecnica di mostrare verde ed ecosostenibile qualcosa, mentre si nasconde la vera natura, solitamente inquinante, di chi lo ha prodotto. Così anche 36 Ong (Organizzazioni non governative) giudicano il tutto con preoccupazione, anche se il governo ha promesso una struttura adiacente alla sede della conferenza, dove gli attivisti avrebbero potuto svolgere le loro proteste in una delle giornate dei negoziati. Anche Greta Thunberg, che ha invocato il rilascio dei prigionieri politici, ha condiviso la petizione che chiede l’apertura di uno spazio civico dove dibattere la situazione dei diritti civili, alla Cop 27 di Sharmel Sheikh. Una curiosità: anche Re Carlo III d’Inghilterra noto ambientalista non parteciperà alla COP 27; lo scorso anno a Glasgow pronunciò il discorso d’apertura alla COP 26, ora gli viene impedita la partecipazione su consiglio della ex premier Liz Truss. Chissà che con il nuovo premier Rishi Sunak l’idea non si cambi idea.
Ma vediamo che obiettivi si avranno alla COP27 e cosa si proporrà. La presidenza egiziana ha fissato 4 obiettivi: 1) Mitigazione: attuazione del patto di Glasgow, ambizione riveduta sugli NDC (Nationally Determined Contributions)-promesse fatte dai governi di tutto il mondo- 2) Adattamento: progressi in merito all’obiettivo globale sull’adattamento, adattamento posto in primo piano nell’azione globale 3) Finanziamento: seguito degli impegni esistenti, progressi nella mobilitazione dei 100 miliardi di USD annuali 4) Collaborazione: tra governi, settore privato e società civile.
Innanzi tutto dovranno essere aggiornati gli impegni presi a Glasgow sulla riduzione delle emissioni di OC2. Poi i Paesi più ricchi dovrebbero deliberare il fondo da 100 miliardi di dollari in sostegno delle nazioni in via di sviluppo. La transizione verso una economia più verde e rispettosa del clima ha bisogno di finanziamenti pubblici e privati, quindi la risposta a questo punto è fondamentale. Una risposta si deve dare anche all’Africa, che è il continente che più di altri subisce le conseguenze del cambiamento climatico, che per mettersi al pari degli altri non intende abbandonare i combustibili fossili.
Altro argomento divenuto attuale con la guerra in Ucraina è l’aumento dei costi energetici. Qui la risposta più evidente è la scelta delle energie rinnovabili e il loro finanziamento…in questo filone si inserisce anche la richiesta sull’uso della energia nucleare che la Commissione UE chiede un dibattito se possa essere considerata sostenibile. I Verdi europei sono tutti contrari a rispolverare questo tipo di energia nucleare anche perchè il problema delle scorie non si è mai risolto.
Speriamo che questo appuntamento non si riveli dai risultati deboli come quello risultato a Glasgow. L’emergenza dice che non c’è più tempo da perdere e le decisioni da prendere a questa COP27 di Sharm el Sheikh devono essere forti e immediati. Staremo a vedere.

Caccia su terreni devastati da incendio.

La giunta Toti approva, il Tar sanziona e i cittadini pagano

La Giunta Regionale ha sbagliato approvando una norma illegittima per favorire la caccia sui terreni percorsi dal fuoco. Ma le sanzioni verranno pagate dai Liguri. Una valutazione dei danni ambientali che penalizzeranno tutti.
La Giunta Regionale della Liguria, nonostante le proteste delle associazioni ambientaliste, approvò una norma che limitava a soli tre anni il divieto di caccia sui terreni percorsi  dal fuoco. Questo provvedimento adottato in consapevole spregio della normativa nazionale, era un evidente favore alle attività venatorie.
Ora a farne le spese saremo noi cittadini perchè, oltre agli incalcolabili danni ambientali, dovremo far  fronte al pagamento delle sanzioni stabilite dal TAR della Liguria (sentenza n.828 pubblicata il 4 ott. 2022).
Da tempo il WWF aveva insistito sulla necessità di rispettare scrupolosamente il divieto di caccia, per dieci anni sui terreni percorsi dal fuoco – come prescritto dalla Legge 353/2000 art.10 – oltre a sollecitare il rinvio o la sospensione dell’ attività venatoria anche nelle zone confinanti.
Anche l’ “Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica” aveva rivolto un richiamo al “Ministero dell’Ambiente” affinché venisse esercitata una “responsabile azione di vigilanza sulla caccia”,  mirata a limitare fortemente questa attività distruttiva della biodiversità anche in zone contigue a quelle percorse dal fuoco, dove si rifugiano e si concentrano gli animale scampati alle fiamme, in condizioni di grave stress e con pericolosi fenomeni di sovraffollamento (Legge 157/1992).
Secondo una stima della LIPU (Lega Italiana Protezione Uccelli), in un ettaro di macchia mediterranea che brucia, oltre alla distruzione dell’inestimabile patrimonio verde,  muoiono in media 400 animali selvatici, tra uccelli, rettili e mammiferi.Questi aspetti, seppur molto negativi, sono oggetto di attenzione quasi esclusivamente da parte di Enti e associazioni che a vario titolo si dedicano alla tutela della fauna e dell’ambiente, lasciando per lo più indifferente la maggior parte dei mass media.
Entrando in modo più preciso su un tema così importane, possono essere utili alcuni approfondimenti.
Gli incendi che si sviluppano nel periodo primaverile, o estivo, colpiscono non solo il singolo esemplare adulto, mammifero, uccello o rettile che sia, ma incidono in modo drammatico sul ciclo riproduttivo degli animali, in quanto appare evidente che se l’adulto può trovare vie di fuga al sopravanzare del fuoco, le cose stanno diversamente per i cuccioli in tana, i nidacei e le uova deposte nei nidi, che non avranno scampo.
Quindi il fuoco rappresenta un pericoloso fattore limitante per il successo riproduttivo delle popolazioni animali e induce interferenze negative sulla dinamica delle stesse  negli anni successivi.
Viene distrutta una innumerevole quantità di specie della microfauna che vive nel terreno.
Oltre ai cuccioli ancora da svezzare e agli uccellini nei nidi, è poco noto il fatto che anche per i pipistrelli la possibilità di scampare al fuoco è assai limitata in quanto essi, oltre a stare nelle grotte, passano molto tempo nelle cavità dei tronchi d’albero.
I rettili usano trovare riparo sotto le rocce, ma queste durante un incendio diventano incandescenti finendo per ustionarli e ucciderli, perchè la loro pelle è estrememente sensibile al calore (anche le esalazioni prodotte dal fuoco non permetteranno loro di salvarsi).
Subiscono inoltre danni rilevanti le specie letargiche o semiletargiche, come i ghiri, gli scoiattoli, i ricci e i tassi che non hanno la prontezza di fuggire di fronte al pericolo.
In generale, per tutti gli animali, la distruzione dell’habitat nell’imminenza dei rigori invernali  significherà la morte, venendo essi ad essere privati del nutrimento e del riparo.
Infine una valutazione sul microclima delle aree attraversate dal fuoco: Per la mancanza di alberi il microclima si modifica a causa della la maggior quantità di radiazione solare che raggiunge il suolo; in questo modo si produce un aumento dell’escursione termica e la “ricolonizzazione” da parte delle diverse specie subisce squilibri, seguendo ritmi molto differenti.
Gli equilibri degli ecosistemi sono complessi e la loro conoscenza diventa sempre più importante per poter evitare ulteriori danni all’unico patrimonio naturale che ci consente di vivere.

Loredana Gallo – Roberto Delfino – Gabriello Castellazzi
Europa Verde – Verdi del savonese

L’economia della ‘Ciambella’. Sette mosse per pensare come un economista del XXI secolo di Kate Raworth

Il modello economico oggi prevalente ha aiutato miliardi di persone a migliorare le proprie condizioni di vita. Tuttavia, questi risultati sono stati ottenuti imponendo un prezzo altissimo ai sistemi naturali prima e a quelli sociali dopo. Da un lato, inquinamento, cambiamenti climatici e distruzione della biodiversità; dall’altro, livelli di diseguaglianza che non hanno probabilmente uguali nella storia dell’umanità e che, assieme alle crisi innescate dal sistema finanziario, contribuiscono a dare forza ai movimenti populisti che incendiano gran parte dei paesi dell’Occidente.
È chiaro che qualcosa non funziona, e che l’economia deve essere aggiornata alle realtà del XXI secolo. Per farlo, Kate Raworth, un’economista inglese che lavora per l’Università di Oxford e per l’Università di Cambridge, ricostruisce la storia delle teorie che stanno alla base dell’attuale paradigma economico, ne evidenzia i presupposti nascosti e con grande sagacia li smonta pezzo per pezzo. Dopo aver fatto piazza pulita di teorie che, pur risalendo all’Ottocento continuano a essere insegnate ancora oggi, Raworth presenta ‘l’economia della ciambella’, che attinge alle ultime acquisizioni dell’economia comportamentale, ecologica e femminista, e a quelle delle scienze del sistema Terra.
L’economia della ‘Ciambella’, indica sette passaggi chiave per liberarci dalla nostra dipendenza dalla crescita, riprogettare il denaro, la finanza e il mondo degli affari e per metterli al servizio delle persone. In questo modo, si può arrivare a un’economia circolare capace di rigenerare i sistemi naturali e di redistribuire le risorse, consentendo a tutti di vivere una vita dignitosa in uno spazio sicuro ed equo. Ricca di storie e prospettive sorprendenti, attenta alle realtà profonde degli esseri umani, “L’economia della ciambella” è un’opportunità per imparare a pensare come economisti del XXI secolo.
Ecco i principi pratici della ‘Ciambella’:
1) Individuare l’obiettivo del 21esimo secolo 2)Osservare l’intero sistema  3)Nutrire la natura umana  4)Avere un pensiero e una mentalità sistemica  5)Essere distributivo ed equo  6)Essere rigenerativo ed ecologico  7)Mirare a prosperare piuttosto che a crescere 
Quindi in sintesi bisogna superare la visione economica del 20esimo secolo, poiché davanti alle sfide del presente e del futuro si sta rivelando inefficiente e ineguale. Le sfide del nuovo secolo vanno affrontate con una nuova mentalità adatta alla complessità e all’indivisibilità del nostro sistema, riconoscendo le sinergie del nostro sistema e soprattutto smetterla con l’obiettivo della crescita del PIL. Interessanti prospettive utili per recuperare l’ambiente. L’ambiente deve essere al primo posto per il sistema economico. Oltrettutto l’economia della ‘Ciambella’ delinea anche un tetto ecologico, identificato nei nove confini planetari del sistema Terra definiti dalla comunità scientifica internazionale. I nove confini del tetto ambientale sono: acidificazione degli oceani, cambiamento climatico, fascia d’ozono nella stratosfera, uso globale dell’acqua, cambiamento nell’utilizzo del sistema terrestre, processi di aereosol atmosferici, integrità della biosfera, flussi biogeochimici, inquinamento chimico e rilascio di nuove entità. 

‘Benvenuti nell’Antropocene. Velociraptor, internet e la cometa di Halley: guida a un pianeta uomo-centrico’ di John Green

Ha un nome ‘Verde’ però questo autore ‘Green’ -appunto- parla dell’attuale era geologica non in termini ambientali ma con i diversi punti di vista del nostro pianeta in trasformazione per opera dell’uomo. Un racconto che ci fa interrogare su quanto succede nel mondo che ci circonda. Con questo, visto il suo passato di recensore, utilizzerà le stellette per dare un voto a tutti gli accadimenti. Da 1 a 5 a seconda del gradimento.
‘Benvenuti nell’Antropocene’ è il titolo del libro. Il termine Antropocene è divenuto una sorta di moda, una parola accattivante, in particolare nell’ambito delle scienze sociali. Da una prospettiva geologica il concetto di Antropocene (combinazione dei termini greci anthropos, umano e cene, nuovo) rimanda alla scala planetaria delle influenze antropiche su composizione e funzioni del sistema-Terra e delle forme di vita che lo abitano. Ultimamente molti media lo hanno utilizzato sempre più per descriverci l’ambiente. Qui l’autore lo usa per raccontarci il tempo che viviamo.
Ci preoccupiamo molto della fine del mondo anche se è certo che noi contemporanei non la vedremo, ma tant’è che ognuno si sente l’essere più importante che abbia avuto la Terra e anche se siamo come specie gli ultimi arrivati e siamo diventati una minaccia per noi stessi, di certo la Terra sopravviverà alla nostra estinzione. Fatta questa considerazione, l’autore butta giù una battuta alla Woody Allen: “Quando la Terra avrà chiuso i conti con noi, commenterà fra sé: “Be’, il vaiolo-Homo sapiens non è stato proprio una passeggiata, ma per lo meno non mi sono beccata la Super-Sindrome da Asteroide”.”
L’uomo ha una caratteristica che gli ha permesso di progredire ed è la tenacia, la persistenza; siamo riusciti a sconfiggere animali più grandi solo con il loro sfinimento: non smettevamo mai di insistere nella cattura. Così ancora non molleremo e avremo la forza per cambiare. Poi avanziamo con la cometa di Halley; la canzone “You’ll Never Walk Alone” e le sue diverse declinazioni sportive ed esistenziali; la nostra capacità di meravigliarci; le pitture rupestri di Lascaux; il gratta e annusa; le bibite Diet gassate del Dr Pepper senza zuccheri; tutte scoperte dell’uomo. Si prosegue con la tastiera QWERTY, ai velociraptor, passando per internet, i miti dello sport e i videogiochi, fino ai Pinguini di Madagascar. Tutte curiosità che caratterizzano l’Antropocene. Tutte con le loro stellette di votazione.
John Green è davvero bravo nell’intrattenerci con i suoi racconti ricchi di curiosità e alla fine il libro risulta di divertente lettura anche se stimola riflessioni profonde. Anche ambientali.

Sintesi di una intervista a Piero Angela di Telmo Pievani su Micromega.

Nel febbraio del 2020 Piero Angela rispondendo a Telmo Pievani in una intervista apparsa su Micromega parlava del web e di come questo strumento facesse crescere la disinformazione. Sul web aumentano le persone che credono in ogni cosa. Telmo Pievani ricorda che nel 2004 gli italiani che dubitavano dell’esistenza dell’Olocausto erano meno del 3%, mentre oggi siamo arrivati al 15%…’Cosa pensi del ritorno di queste forme di negazionismo?’. Piero Angela rispondeva: ‘Ancora oggi in America c’è una percentuale impressionante di persone che crede che gli americani non siano mai stati sulla Luna. Come pure c’è gente che non crede ai vaccini. C’è un po’ di tutto.‘.

Piero Angela aveva seguito tutto il ‘progetto Apollo’ che aveva l’obiettivo di portare gli statunitensi sulla Luna e non perchè la cosa le importasse più di tanto ma per vincere la gara con l’URSS. Il progetto Apollo era un progetto militare: il dominio dello spazio era strategicamente fondamentale in quel periodo.
Poi c’era la motivazione, quella che servirebbe oggi per il tema ambientale.
Perché, se ci si rendesse davvero conto dei rischi che si stanno correndo, potrebbe darsi un impegno forte come quello profuso allora per arrivare sulla Luna. Purtroppo questa consapevolezza non c’è e anche per una ragione psicologica: noi siamo stati abituati, sia geneticamente sia culturalmente, a reagire alle cose che abbiamo davanti e non ai pericoli futuri.’. Si, fatichiamo a pensare ai problemi con un’ottica rivolta al futuro.
Siamo dentro una sorta di trappola cognitiva che ci paralizza. Ci mancano la lungimiranza e l’immaginazione necessarie, senza contare gli egoismi e le ritrosie a cambiare i modelli di sviluppo e di consumo, le abitudini quotidiane.'(…)’L’interesse per l’ambiente è aumentato perché se ne parla tanto, perché per fortuna c’è Greta Thunberg, e la speranza è che questa volta non si tratti solo di fuochi di paglia. Anche perché le nuove generazioni cominciano a percepire che la questione li riguarda. Chi nasce oggi se lo vivrà tutto il futuro che ci attende…‘.

Piero Angela è stato uno dei primi a fare trasmissioni sull’ambiente; già dagli anni ’80, ma ancora prima negli anni ’70 quando con Aurelio Peccei e il suo Club di Roma uscì il rapporto ‘I limiti dello sviluppo‘, commissionato dal MIT di Boston. Aurelio Peccei per Piero Angela era una Greta Thunberg ante litteram. Con lui collaborò a molte iniziative. Piero Angela ricorda che da quel rapporto del Club di Roma ad oggi è stata fatta molta strada, ma ancora ne serve e anche se i dati fossero veri solo in parte… ‘anche solo per prudenza, è meglio se risparmiamo energia, tanto più che noi non ne abbiamo e quindi diventare perlomeno efficienti è comunque un buon affare‘.
Piero Angela si occupava tanto di ambiente anche se aveva la consapevolezza data l’età che la cosa lo riguardasse poco: ‘non sarà nei prossimi tre-quattro anni – il tempo che ancora mi rimane da vivere, se va bene – che le cose cambieranno‘.
Impariamo da questa bella lezione a guardare il futuro e soprattutto a provare a cambiare il nostro atteggiamento nei riguardi dell’ambiente. Grazie Piero Angela.

I punti dell’accordo elettorale tra Europa Verde, Sinistra Italiana e Partito Democratico: Costituzione, Ambiente e Lavoro

La nuova formazione, nata dall’alleanza tra Europa Verde e Sinistra Italiana siglata il 2 luglio di quest’anno, si presenterà alle elezioni del 25 settembre con il PD; sebbene ci sia la consapevolezza delle differenze rispetto all’esperienza del governo Draghi, per via della legge elettorale per non dare la vittoria alle destre, si batterà per evitarla e per dare un futuro all’Italia.
Dopo l’uscita dall’accordo elettorale di Carlo Calenda e il suo gruppo Azione con il PD per Europa Verde e Sinistra Italiana l’accordo elettorale con il Partito Democratico ha acquisito una nuova dimensione.
Ora la difesa della Costituzione, con l’opposizione al presidenzialismo e a quello che chiamano l’autonomia differenziata delle Regioni; la riforma del Diritto di Cittadinanza e la volontè di ricerca di un’Italia più Verde che sappia conseguire gli obiettivi di energia rinnovabili e leggi finalizzate al raggiungimento di quei patti sostenuti a livello europeo che riguardano il clima al 2030 con la riduzione della dipendenza alle fonti fossili, sostenendo altresì la revisione del Patto di Stabilità per la Transizione Ecologica, sono punti più perseguibili unitariamente.
Sul piano sociale, dopo la pandemia e la guerra, la crisi ci impone un impegno comune a contrastare le diseguaglianze sociali, territoriali e generazionali. Il lavoro come centro della politica con la lotta al lavoro nero e la precarietà dovrà essere un obiettivo comune introducendo il salario minimo e riforme sul lavoro come quella recente adottata in Spagna.

Cliccando QUI si può scaricare il testo dell’accordo sottoscritto
tra Alleanza Verdi e Sinistra e Partito Democratico, per le prossime elezioni politiche.

Il negazionismo climatico

 

Greta Thunberg nel frattempo è diventata maggiorenne però gli attacchi a lei non si fermano e sono fatti da chi soprattutto nega l’emergenza climatica e cerca di difendere gli stili di vita fin qui raggiunti. C’è chi chiama ‘gretina’ Greta Thunberg, con chiaro riferimento a ‘cretina’; ricordiamo la prima pagina del quotidiano ‘Libero’ che titolava: ‘Vieni avanti Gretina. La rompiballe va dal Papa’. Chiaro riferimento a ‘Vieni avanti cretino’, un film di Luciano Salce del 1982. Su la ‘Verità’, altro quotidiano destrorso, c’era stato  Marcello Veneziani che aveva invitato tutti i giovani manifestanti per il clima a “non fare i gretini”. Un ultimo articolo su ‘Il Giornale’ invece titola: ‘Pur di accontentare Greta vogliono farci crepare prima’. Segue il concetto che ‘Passata la fase più acuta del Coronavirus c’è una nuova emergenza a tenere banco ed è quella ambientale climatica’; questo riferito ai dati di quanto inquinano gli esami medici e in particolare la risonanza magnetica.

Anche Giorgia Meloni l’ha chiamata ‘gretina’ nel suo comizio-intervento al congresso dei Vox in Spagna. Ma su Greta Thunberg è stato detto di tutto e di più naturalmente tralasciando le sue ragioni e la sua rabbia nel vedere disattese le speranze di un ravvedimento dei governanti sulla crisi ambientale. C’è da dire che questa ragazzina parla in modo molto chiaro e diretto. Parla nei maggiori consessi mondiali senza mezze parole. Esempio: «La civiltà viene sacrificata per dare la possibilità a una piccola cerchia di persone di continuare a fare profitti. La nostra biosfera viene sacrificata per far sì che le persone ricche in Paesi come il mio possano vivere nel lusso. Molti soffrono per garantire a pochi di vivere nel lusso. Noi dobbiamo lasciare i combustibili fossili sotto terra e dobbiamo focalizzarci sull’uguaglianza e se le soluzioni sono impossibili da trovare in questo sistema significa che dobbiamo cambiarlo.». Greta ha ragione e molta acredine (chiamiamola così) nei suoi confronti è dettata da invidia, da mancanza di autorevolezza che invece ha raggiunto questa ragazza che ha fatto nascere un movimento mondiale chiamato ‘Fridays For Future’. Ha svegliato milioni di giovani dati per abulici, su un tema fondamentale al futuro del nostro pianeta. Con Greta Thunberg abbiamo compreso come prima di arrivare a toccare i limiti dello sviluppo climatico tocchiamo intanto quelli dello sviluppo sociale.

Bisogna affermarlo subito: esiste un negazionismo climatico e questo fa capo politicamente ai partiti della destra radicale, quelli ultranazionalisti, antieuropeisti, per lo più antimmigrati, spesso antisistema che negli ultimi anni hanno guadagnato terreno in diversi paesi europei, ottenendo forti rappresentanze nei parlamenti nazionali e in alcuni casi andando anche al governo. Spesso le destre europee non citano affatto la questione del clima nei loro programmi, o l’affrontano solo in modo marginale e senza prendere posizioni chiare.

In Italia, la Lega di Salvini parla nel suo programma di transizione energetica e di economia sostenibile, ma finora ha contrastato le misure concrete sul cambiamento climatico. Di più ha rispolverato le scelte nucleari. Al parlamento europeo nella scorsa legislatura la Lega ha votato contro tutte le proposte di politica energetica e sul clima, salvo una direttiva sul risparmio energetico nell’edilizia. Nel parlamento italiano la Lega si è astenuta dal ratificare gli accordi di Parigi: “Non perché non concorda con questi obiettivi, ma perché l’accordo raggiunto è un compromesso al ribasso … che permette alle aziende cinesi e dei paesi in via di sviluppo di fare concorrenza sleale alle imprese italiane in regola con produzioni rispettose dell’ambiente”.

Il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri si è scagliato contro chi sostiene la politica ambientalista alla Greta Thunberg: “Distrugge il mondo. Siete peggio della guerra, fate più danni. Mettete la vostra politica e la vostra demagogia mentre l’Italia è in ginocchioCol pannello ci fai il tè. Un bel pannello, prendi il tè con l’acqua calda. Per fare il tè il pannello va bene. L’energia solare è una sola, serve per qualche termosifone“. Ecco il pensiero in sostanza della destra italiana.

In Francia, il Front national guidato da Marine Le Pen sostiene che la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul clima (Unfccc), da cui discende tutta la trattativa internazionale in materia, è “un complotto comunista” per limitare l’economia francese – anche se poi appoggia l’uso di energie rinnovabili generate in Francia per “diminuire la dipendenza dai paesi arabi del Golfo che insieme al petrolio ci mandano la loro ideologia

Non dimentichiamo poi Donald Trump e le sue posizioni sul clima riassunte da un tweet: «Il riscaldamento globale è una bufala». Poi bisogna aggiungere tra i diffiusori del negazionismo climatico anche i complottisti no-vax, i partecipanti della propaganda russa e chi si spaccia per autorevole scienziato. Quindi abbiamo bisogno di una informazione che nell’ottica proposta da un slogan impiegato da molte ONG “pensare globalmente ed agire localmente”, sappia promuovere meccanismi di azione ed incentivi la motivazione del pubblico.

 

‘Antropocene o capitalocene? Scenari di ecologia-mondo nella crisi planetaria’ di Jason W. Moore

Prima di Antropocene – Una nuova epoca per la Terra, una sfida per l’umanità del 2021 era uscito un altro libro ‘Antropocene o capitalocene? Scenari di ecologia-mondo nella crisi planetaria‘ di Jason W. Moore del 2017.
Tutti i due libri trattano dei drammatici cambiamenti climatici; tutti e due i libri convergono sulla fine dell’Olocene per ribadire come si stia vivendo nell’Antropocene.
Il punto di vista di Jason W. Moore – storico dell’ambiente e docente di economia politica presso il Dipartimento di sociologia della Università di Binghamton negli Stati Uniti, è membro del Comitato esecutivo del Fernand Braudel Center for the Study of Economies, Historical Systems and Civilizations. – centra la sua visione all’economia del capitalismo, al suo modo di produzione che ha nel divenire storico la tendenza a farsi mercato globale. Il capitalismo è di per sé un regime ecologico: nella variabile di capitale, potere, ambiente si costituiscono i rapporti socio-naturali per cui sfruttamento e creazione di valore non si danno sulla natura ma attraverso di essa.
Nella prefazione si arriva subito al dunque: Il cambiamento climatico antropogenico che caratterizza l’Antropocene è una colossale falsificazione. Il cambiamento climatico non è il risultato dell’azione umana in astratto − l’Anthropos − bensì la conseguenza più evidente di secoli di dominio del capitale. Il cambiamento climatico è capitalogenico. Per questo Jason W. Moore chiama questa fase ‘Capitalocene’.
Abbiamo così anche lo spostamento del concetto di Antropocene che fa anticipare questa era al 1450, il momento nel quale gli Europei si guardano attorno alla ricerca di nuovi spazi di natura a buon mercato, iniziando un’appropriazione di nuove terre e assumendo un atteggiamento attraverso il quale schiavismo e colonialismo vengono sdoganati permettendo quell’accumulo originario che ha permesso l’esistenza del capitalismo stesso.
Le organizzazioni umane sono al contempo produttrici e prodotti della rete della vita, intesa come un mosaico di diversità in evoluzione. Da questa prospettiva, il capitalismo diventa qualcosa di più che umano. Diventa un’ecologia-mondo di potere, capitale e natura. L’argomento del Capitalocene è soprattutto una ipotesi dialettica. Questo, come abbiamo visto, rivela l’azione che il capitale compie appropriandosi non solo della forza lavoro, e depredando la Natura a buon mercato ma anche del lavoro gratuito delle nature umana e extra umana.
Si arriva allora a dire che ‘occorre cambiare il sistema e non il clima‘: affermazione in qualche modo valida e da diffondere, ma semplicistica e riduzionistica. Bisogna fare attenzione al modo in cui pensiamo il sistema.
Per guidarci verso una liberazione sostenibile dovremo essere sospettosi (afferma Moore) nei confronti di visioni che riducono il capitalismo ai suoi momenti economici e sociali…no, ‘il capitalismo si sviluppa attraverso la rete della vita. Nel suo movimento, la socialità umana è stata brutalmente sfigurata dalla struttura binaria Natura/Società in quanto astrazione reale che ha reso possibili i vari regimi razziali e di genere della modernità‘.
Certo che il libro diventa di difficile lettura per la mole di dati storici con rimandi e citazioni ricche di riflessioni concettuali che ruotano tutte sul tema storico-economico sociale; insomma una lettura forse per addetti ai lavori per ribadire la responsabilità del capitale e della conseguente economia di mercato dei problemi dell’Antropocene. In chiusura fa testo la quantità di dati, riferimenti e mole bibliografica a supporto di quanto si vuole affermare nel libro.

Gaia. Nuove idee sull’ecologia di James Lovelock

Questo libro, Gaia- Nuove idee sull’ecologia di James Lovelock, -edito da Bollati Boringhieri- è il primo che affronta la teoria di Gaia, nome della dea greca della Terra. James Lovelock fu quindi il primo studioso, che insieme alla microbiologa Lynn Margulis- madre a lungo incompresa della teoria dell’origine endosimbiotica della cellula eucariote- ad affrontare la Terra Gaia come un organismo vivente unico capace di autoregolarsi e rispondere a quei fattori che turbano gli equilibri naturali.
Tutto questo accadde nel 1979 e con ciò si inizierà a comprendere che la Terra non è una forza primitiva da sottomettere né tantomeno un pianeta che ruota senza méta nel cosmo. L’ecologia aveva un nuovo punto di vista. Così quella che chiamiamo MadreTerra è per la Terra stessa, Vita. Il primo capitolo prende spunto dalle sonde spaziali lanciate su Marte che stabiliscono che è un pianeta morto: è un pianeta che, come Venere, si è ossidato; Il suo contenuto di idrogeno (importante in tutte le forme di vita) è volatizzato.
Gaia è bella vista da lassù. La biosfera, con i suoi gas in continua trasformazione, è un combinato disposto per la vita. Una incredibile composizione chimica ha interagito con la formazione della vita e l’aria è stata una coperta molto funzionale.
A pag. 55 leggiamo:
Nella nostra società, dalla rivoluzione industriale in poi, noi ci siamo trovati di fronte a problemi di chimica di grande rilievo, come la scarsità di materiali essenziali e l’inquinamento locale. La biosfera primitiva forse ha dovuto affrontare problemi simili. Forse il primo ingegnoso sistema cellulare che apprese a raccogliere zinco dall’ambiente, prima per uso proprio e poi per il bene comune, senza volerlo raccolse anche un altro elemento simile ma velenoso, il mercurio. Qualche errore di questo genere probabilmente condusse ad uno dei primi incidenti da inquinamento nel mondo. Come di solito, questo particolare problema fu risolto mediante la selezione naturale, poiché noi abbiamo oggi sistemi di microrganismi che possono convertire il mercurio e altri elementi tossici nei loro metilderivati volatili. Questi organismi possono rappresentare il più antico processo vitale per l’eliminazione di rifiuti tossici. L’inquinamento non è, contrariamente a quanto ci viene spesso detto, un prodotto della turpitudine morale. Esso è l’inevitabile conseguenza della vita in azione.‘.
I vari gas quali l’ammoniaca, il carbonio, lo zolfo, il mercurio, l’azoto, il fosforo, l’ossigeno, l’idrogeno furono, nelle varie epoche geologiche, pensati nocivi per la vita sulla Terra; ma non fu per fortuna che tutto si evolse e una capacità di regolazione prendeva forma. Possiamo allora comprendere che la sopravvivenza attraverso ‘momenti’ difficili è possibile. La vita diventa funzionale all’equilibrio e allo svilupparsi dell’energia chimica.
Con esempi specifici l’autore simula la fine della vita su Gaia facendola diventare un pianeta morto come il fratello Marte e la sorella Venere. Ma questa fantasia può succedere?
Esiste una cibernetica naturale; un complesso sistema di autoregolazione che investe l’Uomo come Gaia. La regolazione della temperatura corporea dell’uomo a 37 gradi è un fatto molto complesso; così se esiste lo dovrebbe essere anche per Gaia. L’ elaborazione dei dati avviene per l’uomo nel cervello; per Gaia esiste certamente un sistema ancora sconosciuto: però sappiamo come valida la prova di sistemi di controllo a livello planetario che usa piante e animali quali componenti utili a regolare il clima, la composizione chimica e la topografia sulla Terra. La vita quindi è funzionale alla autoregolazione dell’ecologia terrestre.
Questo processo di ‘omeostasi’, di autoregolazione degli organismi viventi, è un concetto fondamentale della biologia moderna. Per concludere l’autore dopo aver spiegato i numerosi processi chimici che svolge la Natura lancia un appello di speranza: con una tecnologia adeguata riusciremo anche noi al pari della Natura a regolare gli innumerevoli comportamenti chimici ed ecologici per mantenere una futura armonia anche riuscendo con il raddoppio della popolazione umana a fornire il cibo e la sua sopravvivenza. Naturalmente facendo molta attenzione. James Lovelock prova molti elementi per supportare la sua idea di un pianeta che cerca sempre un suo equilibrio…ma Gaia come dice nella prefazione Telmo Pievani:“…Gaia potrebbe benissimo fare a meno di un mammifero africano loquace e invasivo, spuntato un paio di centinaia di millenni fa, cioè nell’ultimo quarto d’ora della storia della biosfera. Non dobbiamo quindi farci perdonare da Gaia, perché ne siamo parte, e la categoria corretta – suggerisce acutamente Lovelock – non è la colpa, bensì la responsabilità per le conseguenze delle nostre azioni.”.

La ‘Cultura della bistecca’ una battaglia da aggiungere a quella sulle auto a benzina e diesel

Bene la decisione trovata a Lussemburgo nel Consiglio dei Ministri dell’Ambiente dei paesi UE di bloccare le vendite nel 2035 delle auto nuove a benzine e diesel. Tutto per l’obiettivo di emissioni zero nel 2050…ma io farei presente un’altra battaglia da aggiungere a questa sulle auto: quella di contrastare la ‘cultura della carne‘.

Esiste una riflessione, scritta esattamente 30 anni fa da Jeremy Rifkin con il libro Ecocidio. Ascesa e caduta della cultura della carne, su quanto è devastante il consumo di carne per l’ambiente e quindi per la salute in generale.
Jeremy Rifkin, presidente della Foundation on Economic Trends di Washington, insegna alla Wharton School of Finance and Commerce. I suoi corsi all’Executive Education Program vertono sul rapporto fra l’evoluzione della scienza e della tecnologia e lo sviluppo economico, l’ambiente e la cultura. Presentando sconcertanti dati di fatto e ricorrendo agli apporti di diverse discipline, dall’antropologia all’ecologia, Jeremy Rifkin in quel libro formula una precisa accusa al consumo di carne.

La ‘cultura della carne‘ oltre che responsabile di molte malattie è fautrice e responsabile di enormi squilibri ecologici, incrementando la povertà e la fame nel mondo con la sottrazione di grandi quantità di cereali all’alimentazione umana. Inoltre per fare posto a pascoli vengono abbattute foreste, terre fertili vengono trasformate in deserti, per cui si alimenta la minaccia di catastrofi climatiche.
Quel libro si è rivelato profetico e la denuncia della ‘cultura della bistecca’, responsabile di milioni di tumori, di infarti e diabeti, ci invitava a cambiare comportamenti alimentari.
Un dato che poi ricordo mi aveva incuriosito è quello sui peti delle mucche che negli allevamenti intensivi superano per immissione nell’aria la quantità di metano di tutto il traffico automobilistico. Sì, il metano è prodotto in gran quantità dalla digestione degli animali, soprattutto i ruminanti e quel gas è capace di aumentare drasticamente l’effetto serra contribuendo a surriscaldare la Terra.

Anche i dati del settore zootecnico europeo non sono confortanti e emettono -secondo fonti di Greenpeace del 2020- l’equivalente di 502 milioni di tonnellate di CO2 all’anno. Se aggiungiamo poi le emissioni di gas serra, quelle che derivano dalla produzione di mangimi o dalla deforestazione, queste arriverebbero a toccare le 704 milioni di tonnellate di CO2. Ancora una conferma: L’inquinamento prodotto dagli allevamenti intensivi è maggiore di tutto quello dei trasporti.






Viaggio in Italia dell’Antropocene – La geografia visionaria del nostro futuro di Telmo Pievani e Mauro Varotto

Viaggio in Italia dell’Antropocene – La geografia visionaria del nostro futuro di Telmo Pievani e Mauro Varotto
Abbiano visto gli effetti del periodo dell’Antropocene sul pianeta Terrae ora in particolare possiamo osservarli con Telmo Pievani e Mauro Varotto su l’Italia. Grazie al libro: ‘Viaggio in Italia dell’Antropocene – La geografia visionaria del nostro futuro’ conosciamo gli effetti devastanti dell’impatto dell’uomo sulla Natura in una porzione specifica della geografia: l’Italia.
Con Telmo Pievani, filosofo ed evoluzionista, e il geografo Mauro Varotto possiamo immaginare come si trasformerà l’Italia proiettandoci, in maniera distopica, nell’anno 2786; 1000 anni dopo il viaggio in Italia di Goethe.

Nell’introduzione si ricorda che: “L’idea di questo libro ha origine da una mappa realizzata nel 1940 dal geografo Bruno Castiglioni per i tipi del Touring Club Italiano, oggi esposta nella Sala dedicata al Clima del Museo di Geografia dell’Università di Padova, primo museo geografico universitario in Italia, inaugurato nel 2019. Quella mappa rappresenta due Italie molto diverse: un’esile silhouette peninsulare nella fase finale del Pliocene, risalente a 2,5 milioni di anni fa, quando la Pianura Padana ancora non esisteva e al suo posto si trovavano le calde acque tropicali del golfo pliocenico padano, e una più tozza conformazione corrispondente alla fase fredda dell’ultimo massimo glaciale, intorno a 20.000 anni fa, quando la costa adriatica si chiudeva all’altezza di Ancona.”. A questo Museo di Geografia dell’Università di Padova è stato deciso di donare i proventi ricavati dalla vendita del libro.

Divisa in 10 sezioni viene raffigurata una mappa d’Italia del futuro, il libro è anche una occasione er gustare quello che attualmente le bellezze del paesaggio ci riserva.
Così Venezia non esiste più e spiagge tropicali dell’Adriatico diventavano una meta per gli oligarchi russi. La nuova Venezia ora è Verona che con i suoi abitanti era riuscita a sopraelevare tutti i suoi tesori compresa l’Arena, San Zeno e Castelvecchio. Poi tra Adige e Garda le lagune si diffondevano. Anche Firenze si può dire che sia una nuova Venezia e la sua laguna e un arcipelago che corre verso il Tirreno.
Un’altra cosa che succede è che i nuovi migranti non saranno più gli africani in fuga dalla miseria e dalle crisi climatiche, ma siamo noi alla ricerca di accoglienza e salvezza. L’Italia a bagnomaria si presentava molto diversa e Sardegna con la Corsica erano un’isola unica; mentre la Toscana con il suo Appennino risultava un arcipelago di innumerevoli isole… insomma si dice chiaramente che ‘Numerose città si troverebbero sotto almeno 40 o 50 metri d’acqua: nel nordest Venezia, Trieste, Padova, Treviso e Pordenone; nell’area romagnola Ferrara, Rimini e Ravenna; in Liguria ovviamente tutti i capoluoghi di provincia sulla costa; in Toscana finirebbero sommerse non solo Pisa e Livorno, ma anche Lucca e Grosseto; nel Lazio non solo Latina, ma anche Roma, città (ex) eterna; lungo la costa adriatica la stessa sorte toccherebbe ad Ancona, Pesaro e Pescara; in Puglia scomparirebbero Bari, Barletta, Brindisi e Taranto, in Campania Napoli e Salerno, in Calabria Crotone e Reggio; in Sicilia Messina, Catania, Palermo, Siracusa e Trapani; in Sardegna il capoluogo Cagliari.”.
Non a caso il libro racconta del viaggio, un Grand Tour, fatto a bordo del battello Palmanova da Milordo. L’Italia era diventata un luogo di studio in Europa per il cambiamento climatico. A causa dell’innalzamento del mare tutto era cambiato.
E i ghiacciai? ‘Molti scienziati, come altrettante Cassandre inascoltate, lo avevano detto che i ghiacciai erano come i canarini del minatore che avvertono per primi la mancanza di ossigeno nelle gallerie. Era stato tutto inutile e in quel momento Milordo guardava le vette calve del Gran Paradiso, del monte Bianco, del Cervino e del monte Rosa, le sommità pietrose spoglie, gli enormi ghiaioni, i massi erranti, i bacini vuoti dove un tempo c’erano i laghi glaciali, i torrenti in secca, e poco sotto le praterie gialle, i versanti sferzati dal vento, le frane e gli smottamenti.’.

E la nostra Liguria? Ecco che era diventata le Cento Terre grazie ai suoi nuovi fiordi. Con i fiordi in aumento in altre parti d’Italia pare di essere in una nuova Norvegia.
Il viaggio di Milordo è una scoperta continua di nuovi paesaggi e il nostro Sud gli offre scenari fantastici. Dall’isola di Vesuvia, ovvero il Vesuvio e l’Apullia con la Trinacria sono luoghi africani.
Per concludere: ‘Nonostante la sua geografia apocalittica, questo libro semiserio è improntato all’ottimismo e intende stimolare all’azione, che per essere efficace dovrebbe coinvolgere tutte le scale, da quella politica a quella planetaria a quella dei comportamenti del singolo individuo.’.

In ultimo, prima della bibliografia, il libro fornisce dieci regole d’oro per mitigare il nostro impatto sul clima, a partire dall’attività più basilare della nostra vita ossia l’alimentazione.

“1) Ridurre il consumo di carne e derivati a massimo una o due porzioni a settimana, preferendo pesce di stagione, legumi, frutta secca e proteine di origine vegetale; quando necessario, prediligere carne, latte e uova provenienti da allevamenti non intensivi, biologici e all’aperto.
2) Scegliere frutta e verdura di stagione, privilegiando le coltivazioni biologiche: produzioni fresche stagionali consentono di risparmiare energia sia nella fase di produzione, sia nel mantenimento della catena del freddo, sia nell’utilizzo di pesticidi e fitofarmaci.
3) Preferire l’acquisto di prodotti locali che non devono subire lunghi trasporti con mezzi inquinanti: evitare il più possibile frutti esotici come avocado, banana, ananas; ridurre le intermediazioni fino a fare acquisti direttamente dal produttore, per evitare passaggi di mano che spesso significano trasporti e rincari del prodotto.
4) Privilegiare i prodotti sfusi che non consumano imballaggi, come i distributori automatici di latte; acquistare confezioni formato famiglia rispetto a quelle monodose, per ridurre l’impiego di plastica per quantità di cibo consumato.
5) Fare acquisti di gruppo (in famiglia o in condominio) per ridurre i consumi di energia nei trasporti per fare la spesa.
6) Evitare cibi eccessivamente processati, poveri di nutrienti e ricchi di conservanti, le cui fasi di lavorazione”“
7) Riutilizzare le borse per la spesa o servirsi di quelle realizzate con materiali biodegradabili e di tela, evitando quelle in plastica.
8) Ottimizzare l’energia consumata nella preparazione e conservazione dei cibi con pentole, elettrodomestici e frigoriferi a basso impatto.
9) Ridurre gli sprechi, ottimizzare gli acquisti e riscoprire la cucina degli avanzi, evitando che finiscano tra i rifiuti: circa un terzo degli sprechi alimentari nei Paesi occidentali ha origine nella pattumiera di casa.”
10) Praticare la raccolta differenziata, per consentire il recupero di energia dai rifiuti prodotti, favorendo il più possibile modelli di economia circolare.

Il libro è edito da Aboca S.p.A -Società Agricola Sansepolcro (AR) ed è uscito nell’aprile 2021.

Intervento di Angelo Spanò -coportavoce di Europa Verde Genova- sulla pulizia degli alvei dei torrenti genovesi

Genova. “Chiediamo, prima che sia troppo tardi, l’immediata pulizia degli alvei, ricordo ai nostri amministratori che prevenire è meglio che curare”. Lo scrive in una nota Angelo Spanò, co-portavoce metropolitano di Europa Verde, contestando “la leggenda metropolitana che da anni circola sulla bocca di ignari cittadini” per cui sarebbero i verdi a opporsi al taglio della vegetazione infestante.
“L’unica accortezza che riteniamo utile sarebbe quella di lasciare delle isole dove potrebbero trovare spazio i volatili – continua Spanò -. Siamo fortemente contrari al dragaggi dei torrenti, poiché la manutenzione dei fiumi e la prevenzione del rischio idraulico non si fa estraendo ghiaia dai loro alvei. Riteniamo altresì necessario, la pulizia dei fiumi da alberi, arbusti e quanto altro possa ostruire o ridurre la sezione fluviale, come le grosse quantità di legname che si trovano lungo i torrenti e i rivi, che possono essere trascinate dalla corrente a valle con effetti disastrosi”.
Spanò documenta la situazione del rio Ruscarolo a Sestri Ponente (nella foto di copertina): “Troppi torrenti e rivi della nostra città sono in uno stato pietoso: vegetazione e arbusti presenti nel letto, possibile che le inondazioni del passato non facciano riflettere i nostri amministratori”.
“Da un po’ di anni si da la precedenza a delle frivolezze, come gli scivoli, ombrellini, le costose bandiere con la croce di San Giorgio e in alcuni tratti le piste ciclabili. Mi rivolgo al presidente Toti e al sindaco Bucci, ricordando loro la locuzione latina: Vigilantibus non dormientibus iura succurrunt“, conclude Spanò.

Antropocene- Una nuova epoca per la Terra, una sfida per l’umanità

E’ stato ad un convegno a Cuernavaca in Messico, nel febbraio del 2000, di un gruppo di scienziati che si usò la parola ‘Antropocene’. Fu Paul Crutzen, premio Nobel per la chimica, che usò quel termine che stava ad indicare una fase storica in cui l’uomo è in grado di modificare gli equilibri climatici, geologici, biologici e chimici del sistema. Il termine ‘Antropocene’ in verità si usava dal 1980 ad opera di un biologo Eugene Stoermer. Poi mai come ora si è evidenziato l’impatto umano sulla Terra. Per questo il concetto di ‘Antropocene’ è inserito oggi nella cronologia geologica della Terra: un modo per rimarcare l’influenza che ha avuto la comparsa degli ominini nel regno animale. A raccontarci tutto è il libro di Emilio Padoa-Schioppa, ‘Antropocene – Una nuova epoca per la Terra, una sfida per l’umanità’.

L’impasto chimico che ha dato origine alla vita, ha portato alla nascita dell’Homo Sapiens che con l’espansione nei continenti ha iniziato a lasciare un impronta chiara sulla Terra.
Ma quando effettivamente è nata questa era geologica che chiamiamo ‘Antropocene’? Si paventa quando l’Homo Sapiens esce dall’Africa e spazza via tutte le altre specie del proprio genere; quando l’umanità impara a domesticare piante e animali e diventa agricoltore; quando viene scoperta l’America e l’Europa inizia a rimescolare le coltivazioni…ed ecco la rivoluzione industriale con la grande transizione energetica con carbone petrolio e metano. Quando? Di recente c’è la nostra epoca che inizia a metà del XX secolo, dopo la seconda guerra mondiale quando cresce il livello demografico arrivando a 7 miliardi di persone e aumentano anche i livelli socio economici. Questo è forse l’inizio vero dell’Antropocene.

Altre domande diventano sempre più attuali e drammatiche: come sfamare un’umanità in crescita senza impattare ulteriormente sull’ambiente? Chi può decidere di cambiare rotta e indicare come salvare la Terra? L’Antropocene ci dice che l’occasione di salvare il pianeta è solo nostra. E’ solo nostra la responsabilità.
La linea guida per una nuova rotta potrebbero essere sostenibilità e tecnologia.
Per quanto riguarda le decisioni globali da prendere e che siano vincolanti per tutti ci sarebbero l’Unione Europea e l’ONU; queste con limitazioni ed errori potrebbero insegnare…nello stesso tempo però Ong e istituzioni locali hanno un ruolo fondamentale nel portare avanti progetti pratici con buone possibilità di successo.
Non conosciamo di preciso quello che è successo nelle varie ere geologiche; la stessa scomparsa di molte specie resta un mistero, sappiamo di certo che la legge di Darwin resta un solido argomento, valutato in oltre un secolo e mezzo di osservazioni scientifiche, per conoscere l’evoluzione delle specie. Questa legge ci insegna che i caposaldi darwiniani sono: il fatto dell’evoluzione; la discendenza di tutte le specie da un antenato comune; un’evoluzione graduale; la moltiplicazione delle specie nel tempo; la selezione naturale come meccanismo che possa spiegare l’evoluzione.

L’autore del libro spiega che ci sono tre fattori che evidenziano l’impatto dell’uomo sulla Terra questi sono:1-quanti siamo 2- quali tecnologie usiamo 3- come usiamo le tecnologie. A questo proposito Padoa-Schioppa ricorda una equazione dell’ecologo Paul Eehrlich: I=PxAxT dove I è l’Impatto; P è la Popolazione A è l’Affluenza (l’uso delle risorse) e T è la Tecnologia. Questo modello chiamato IPAT ci aiuta a trovare le soluzioni e diventerà il fil rouge che accompagnerà la stesura del libro.

Attualmente sappiamo che molte specie estinte sono dovute all’Uomo e alle sue attività.
Io ho trovato esemplare i dati forniti in questo passaggio del libro: ‘La portata delle trasformazioni antropiche del mondo biologico è evidente anche osservando i vincitori: piante e animali domestici, la cui biomassa supera ormai di alcuni ordini di grandezza quella delle specie selvatiche. Ad esempio, il pollame domestico rappresenta il 70% della biomassa di tutti gli uccelli terrestri; e nella stima di tutti i mammiferi terrestri i bovini e i suini domestici sono il 60%, gli uomini sono il 36% e i mammiferi selvatici terrestri sono solo il 4%.
L’umanità è una forza biologica, ha il potere di portare le altre specie all’estinzione, e oggi non abbiamo più scuse: ne dobbiamo essere consapevoli e dobbiamo imparare a fare i conti con la responsabilità che questa situazione comporta. La tutela e la conservazione della biodiversità è oggi uno dei principali campi in cui è necessario impegnarsi.
‘.

Il libro, dopo avere analizzato i vari problemi chimico biologici, si sofferma sui negazionisti che su basi antiscientifiche e per interessi economici negano i disastri ambientali procurati dall’uomo, per concludere sulle possibili soluzioni ambientali. Per Emilio Padoa- Schioppa queste vertono su quattro parole chiave: sostenibilità, mitigazione, compensazione e adattamento.
In genere sono tre i pilastri su cui si ritiene debba reggersi la sostenibilità: il pilastro economico, quello sociale e quello ambientale.
Dunque, tutti i problemi ambientali che abbiamo visto caratterizzanti l’Antropocene possono e devono essere affrontati in una prospettiva di sostenibilità.
Mitigazione significa fare tutto quello che possiamo per ridurre il nostro impatto sulla biosfera. Abbiamo ad esempio tecnologie e conoscenze per passare a un’economia decarbonizzata e indipendente dall’uso di combustibili fossili. Una notizia di questi giorni è la cassazione di produzione di auto a diesel e benzina in Europa entro il 2035.
Compensazione significa che quando – inevitabilmente – facciamo qualcosa che ha un impatto negativo abbiamo anche la possibilità di compensarlo.
Infine, l’ultima parola importante è Adattamento. Potremo mitigare e diminuire il nostro impatto, potremo compensare alcuni degli impatti ma comunque dovremo adattarci ad alcuni cambiamenti. In chiusura una interessante bibliografia per conoscere più a fondo il problema.
‘Antropocene – Una nuova epoca per la Terra, una sfida per l’umanità’, è un libro che aiuta a conoscere l’evoluzione del pianeta Terra con l’interazione umana: una possibilità e una sfida da non perdere.

5 giugno 2022 Giornata Mondiale dell’Ambiente

Sono passati 50 anni da quando l’ONU proclamò il 5 giugno 1972 la giornata mondiale dell’Ambiente. Ed è stata celebrata per la prima volta nel 1974 con lo slogan Only One Earth. Già, Una Sola Terra. Solo quella abbiamo e bisogna preservarla.
Tutto ebbe inizio molto prima, addirittura nel 1962 con il libro manifesto ambientalista ‘Primavera silenziosa’, della biologa statunitense Rachel Carson. In seguito un pacifista John McConnell propose di associare alla giornata della Terra il concetto di Pace. Oggi vediamo come senza pace tutti i problemi ambientali della Terra vengono aggravati.
Fu grazie agli ecologisti e a studiosi illuminati che i problemi ambientali iniziarono a diventare di dominio pubblico; fu resa la necessità di fermare l’inquinamento di aria, acqua, suolo e la distruzione degli ecosistemi con la scomparsa di migliaia di piante e specie animali. Insieme fu indicata la soluzione del passaggio alle energie sostenibili.
La battaglia non si ferma e quest’anno la Giornata Mondiale dell’Ambiente ha per tema ‘Go Wild for Life‘, ovvero il ‘Va il Selvaggio per la Vita’; prestare l’attenzione sul commercio illegale degli animali selvatici. L’uccisione e il traffico delle specie in via di estinzione non solo minacciano la biodiversità ma danneggiano altresì l’economia, favoriscono il crimine organizzato e incrementano la corruzione.
Con la celebrazione della Giornata Mondiale dell’Ambiente c’è il richiamo dell’ONU a salvare la biodiversità.
Speriamo che in questo periodo di dibattito politico per le elezioni amministrative e i referendum non si perda di vista il tema fondamentale a cui tutti siamo legati volenti o nolenti: quello ambientale, quello che farà vivere le generazioni future. Il 5 giugno serve anche a quello.
Serve una coscienza che si sviluppi soprattutto a livello locale e per questo tutte le scelte politiche anche quelle che riguardano una singola regione, città o paese sono importanti…con quelle poi si arriva alla celebrazione mondiale.

Terrafutura di Papa Francesco e Carlo Petrini

Terrafutura- Dialoghi con Papa Francesco sullìecologia integrale‘ Un libro edito da Slow Food nel 2020 che testimonia l’incontro tra due personaggi al cui centro c’è la riflessione su una ecologia integrale; una ecologia che prevede una armonia con se stessi, la comunità e la natura.
I due personaggi li conosciamo bene:
Carlo Petrini: fondatore di Slow Food e ideatore della rete internazionale di Terra Madre nonché agnostico ed ex comunista, aveva scritto la “Guida alla lettura della Laudato si'” pubblicata dalle Edizioni San Paolo.
Papa Francesco: gesuita è colui che ha riportato l’essenza del vangelo nella Chiesa mettendo al centro la povertà e la diseguaglianza economica. Una Chiesa degli ultimi; una fede nei valori di San Francesco d’Assisi: l’uomo della povertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato.

Carlo Petrini, piemontese come i nonni di Mario Bergoglio, e il Papa Francesco si parlano la prima volta per telefono nel 2013. Decidono di incontrarsi e sull’onda di una proposta nata dall’enciclica ‘Laudato si‘, i due: un Papa e un ex comunista, un italiano e un argentino, un gastronomo e un teologo si incontrano finalmente nel 2018; seguiranno quello del 2019 e ancora quello durante la pandemia del Covid19. Tre incontri che possono essere riportati come un unico dialogo. Un dialogo importante che fa dello stesso dialogo l’elemento di forza e fondamento per trovare condivisioni e soluzioni utili all’umanità.
Quindi tutto nasce dall’Enciclica ‘Laudato si‘ che è un testo fondamentale e di una portata spirituale mondiale. Tutto viene riportato alla visione di Francesco d’Assisi con il tema del problema ambientale.
Papa Francesco nel dialogo con Carlo Petrini ad un certo punto dice: l’enciclica ‘Laudato si’ non è un testo ambientalista…è piuttosto un’enciclica sociale. Se si parla di ecologia, infatti, dobbiamo partire dal presupposto che noi siamo i primi a far parte dell’ecologia. Sembra ovvio ma non è affatto così. Lei sa qual è la principale spesa delle famiglie a livello mondiale, dopo cibo e vestiario? E’ la cosmesi! Mettendoci dentro anche la chirurgia estetica è la terza voce di spesa al mondo. Ecco allora che in questo contesto è difficile parlare di un nuovo approccio ecologico e di una nuova armonia con l’ambiente.
Un altro tema importante c’è nel dialogo del 2019 e riguarda il sinodo Panamazzonico dei Vescovi: un grande tema di dialogo su temi che dovrebbero essere all’ordine del giorno e all’attenzione di oggi come Ambiente, biodiversità, inculturazione, rapporti sociali, migrazioni, equità e uguaglianza. Carlo Petrini ringrazia il Papa Francesco per questa iniziativa e conferma che grazie a ‘Laudato si’ avviene una integrazioni tra laici e credenti che è un enorme modello di convivenza.
Sui giovani poi interviene Papa Francesco e dice: ‘Certamente! Qualcuno dice che Greta Thunberg è spinta da altri, che è manipolata. Io non lo so e in ogni caso mi interessa relativamente. Se la sua azione e il suo attivismo consentono a milioni di giovani in tutto il mondo di mobilitarsi, di prendere parte, non c’è che da gioire e da essere ottimisti. Mi interessa la reazione dei ragazzi: oltre che il futuro, loro devono prendersi il presente‘.
Il libro è un tesoro di molte sagge ragioni utili ad affrontare i problemi più complessi.
Parlando di cibo, convivialità, di bagna cauda, tajarin e tradizioni e migranti, si affrontano con leggerezza e profondità. Come la celebrazione del film Il pranzo di Babette: un inno all’amore e alla gioia.
L’ultimo incontro tra Carlo Petrini e Papa Francesco è del luglio del 2020 in piena pandemia. L’incontro avviene dopo il Sinodo Panamazzonico e Carlo Petrini ne parla entusiasta; ma poi si verte sull’economia e saltato per il virus l’evento su l’economia di Francesco ad Assisi, Papa Francesco dice: ‘Oggi l’umanità è calpestata da questo virus e dai tanti virus che noi abbiamo fatto crescere. Questi virus ingiusti: un’economia di mercato selvaggia, un’ingiustizia sociale violenta. Abbiamo bisogno di una politica che dica mai a un’economia selvaggia di mercato, mai alla mistica delle finanze a cui non ci si può aggrappare perché sono aria. Un nuovo modo di intendere l’economia, un nuovo protagonismo dei popoli. Mai ai populismi, che siano essi politici, culturali o religiosi. Sì ai popolarismi, dove i popoli crescono, si esprimono ognuno con le caratteristiche proprie e in comunità. Mai al settarismo religioso.‘.
Un discorso sempre più attuale e che si lega all’ambiente in modo concreto.
Conclude il libro l’esortazione apostolica ‘Querida Amazonia e quella sulle comunità ‘Laudato si’ con un pensiero sul concetto di comunità.
Qui Papa Francesco ricorda che: ‘Non ci sarà una nuova relazione con la natura senza un essere umano nuovo. Non c’è ecologia senza un’adeguata antropologia‘.
Un libro da leggere.

















Un inceneritore a Genova?

Comunicato di Gianfranco Porcile per la lista rosso-verde: EuropaVerde con Sansa – Linea Condivisa
Di nuovo un inceneritore a Genova?
Alla avventata proposta del Presidente Toti di un inceneritore di rifiuti (sembra che piaccia di più se lo si chiama “termovalorizzatore”), ha fatto eco la risposta del sindaco uscente Bucci, che secondo notizie di stampa, ha dichiarato. “Il termovalorizzatore? Non si può dire NO a prescindere!”. A parte che la battuta ci fa venire in mente Totò, noi siamo invece convinti che la risposta debba essere un NO chiaro e deciso. La Direttiva europea sui rifiuti del 2008 (2008/98/CE), recepita dal governo italiano, con i successivi aggiornamenti è contro l’incenerimento dei rifiuti, anzi auspica la riduzione progressiva anche dell’avviamento in discarica: prevede tra l’altro la raccolta differenziata spinta fino al 70% e la riduzione del 10% del volume totale di rifiuti prodotti. Il Comune di Genova per la raccolta differenziata è la Cenerentola d’Italia, fermo al 35,43% da molti, troppi anni. Bucci nella dichiarazione fa anche riferimento ad amministrazioni governate dalla sinistra in cui sono attivi inceneritori: probabilmente si riferisce alla Emilia-Romagna, dimenticando però che lo studio “Moniter” del 2012 da parte di ARPA dell’Emilia Romagna ha dimostrato effetti negativi sulla gravidanza sicuramente correlati alla esposizione agli inceneritori. Gli abitanti della Valbisagno non hanno ancora dimenticato gli anni del secolo scorso quando l’impianto della Volpara ancora in funzione regalava danni all’ambiente e malattie gravi come tumori, collegati alla emissione di diossine, metalli pesanti e polveri sottili. Quindi noi rispondiamo: “Inceneritore? NO, grazie!”
Non a caso per noi di EuropaVerde-con Sansa- Linea Condivisa il primo punto del nostro programma è quello sulla Transizione ecologica: all’interno della quale vogliamo una raccolta porta a porta e la riduzione dei rifiuti, centri di riciclo e riuso e tariffe meno care e più giuste.
Gianfranco Porcile
Lista rosso-verde: EuropaVerdecon Sansa – Linea Condivisa